Cronaca

Di Lora Delthe

http://mdincff.blogspot.it/2013/08/cronaca.html


Il freddo pungente della stazione si insinuava nella stoffa felpata dei suoi abiti.
Ferma sulla panchina, aspettando il treno che l’avrebbe riportata a Milano.
Per cercare di non pensare alle lancette che correvano lentamente, decise di aprire il giornale che aveva appena comprato.
Era indecisa se comprare una rivista di moda o un quotidiano, poi optò per il quotidiano.
Ormai non era più una ragazzina e forse era meglio informarsi su quello che stava succedendo nel mondo.
Il titolo in prima pagina: “A DICIOTTO MESI DALLA CONDANNA, SIGNORA DELLA MILANO BENE SI SUICIDA IN CARCERE”
Gli occhi della De Magistriis sulla foto del giornale sembravano essere demoniaci.
Esther provò ancora quel brivido di paura che dopo tanti mesi non l’aveva ancora abbandonata.
Strano! Aveva passato mesi a cercare di dimenticare quella scena:
la corsa verso il parcheggio e poi la sua voce che si intreccia con l’aria di quella notte di agosto.
Una notte come tante, una notte particolare, una notte afosa che ha legato la sua oscurità al colore rosso del sangue di Marina, al suono sordo di un colpo di pistola.
Quel suono che ancora le squarciava l’anima, nello stesso modo in cui, come mesi prima, aveva squarciato il silenzio assordante di quella notte d’estate.
Una notte fatta per sognare, abbandonata tra le braccia della donna che amava eppure, una notte che aveva segnato la fine della sua vita.
Quell’articolo in prima pagina la riportava come un varco temporale a quella sera di agosto quando correndo, senza fiato, con il cuore che pompava all’impazzata gridava il nome del suo amore, della donna che voleva accanto per sempre e che ingiustamente aveva rifiutato:
- Marina! Marina, aspetta, ti devo parlare! Fermati, ti prego!
- No Esther! Non abbiamo niente da dire, vattene! Va via…
Poi la sequenza come la pellicola di un film horror: la De Magistriis che viene distratta dal suo arrivo, i suoi occhi che si dilatano dalla paura, la sua corsa per salvare la donna che amava, Marina che le dice di stare indietro quando quella donna, presa dall’angoscia, ha premuto il grilletto facendo partire la pallottola che l‘avrebbe fatta stramazzare al suolo.
Poi il buio.
“Luisa De Magistriis, coinvolta in un fatto di sangue nell’Agosto del 2009, stava scontando la sua pena nel carcere femminile di San Vittore, a Milano.
Il personale della casa circondariale l’ha definita come una donna educata e chiusa, che non ha mai dato problemi di condotta anche se non ha mai allacciato rapporti con nessuno all’interno del suo braccio.
La De Magistriis è stata arrestata dopo aver sparato alla dottoressa Marina Ranieri del Colle, pediatra all’ospedale Morandini di Milano, rea di non essere riuscita a salvare il piccolo Luigi, l’unico figlio della De Magistriis, da un aneurisma cerebrale.
Processata e condannata con rito abbreviato, Luisa De Magistriis si è sempre professata colpevole, rifiutando più volte l’assistenza legale.
La lista dei legali che hanno seguito il caso, per poi abbandonare l’incarico è lunga, quasi da record, data la scarsa collaborazione dell’imputata che, invece, si ostinava a smontare qualsiasi linea difensiva imbastita dai suoi legali d’ ufficio .
Il caso De Magistriis ha colorato di nero le giornate di molte persone qui, a Milano.
La storia ha destato l’attenzione dell’opinione pubblica, dato che la vittima, Marina Ranieri Del Colle, apparteneva ad una nobile ed importante, nonché ricca famiglia di produttori di vini.
Il fatto di sangue ha coinvolto non solo la vittima, ma ha alzato un polverone anche sulle persone che frequentava: la professoressa Vera Corradi, in primis, luminare primario di pediatria dell’ospedale lombardo “Regina Isabella”.
Grande scalpore, inoltre, ha destato la relazione omosessuale ed extraconiugale, confermata dalla stessa Corradi, che il primario intratteneva con la Ranieri, giovane e promettente pediatra che faceva parte della scuderia dei medici del suo ospedale, prima di passare nelle file del Morandini, trasferimento che in tanti hanno visto, poi, come uno screzio amoroso tra le due amanti.
La professoressa Vera Corradi ha poi dovuto rassegnare le dimissioni dal suo posto di primariato, data la sua posizione scabrosa al centro di una relazione “particolare”, dimostrando ancora una volta il suo spessore morale e umano.
Dopo essersi separata dal marito, Giorgio Righi, importante e ricco industriale ligure, ha deciso di continuare la sua opera medica in un villaggio africano, dove ha fondato un’associazione che si occupa di bambini disabili.
Per arricchire la colorazione rosa di questa brutta vicenda, c’è anche chi scommetterebbe che la dottoressa Ranieri, avesse intrecciato, nel periodo in cui ha prestato servizio al Morandini, anche con la caposala del pronto soccorso dell’ospedale della Bovisa: tale E.B., ma la notizia non è stata confermata da nessuno.”
Esther rise amaramente mentre leggeva interessata l’articolo.
Vera Corradi che da carnefice era diventata vittima.
Ricordava i giorni dopo l’incidente: Marina che versava in condizioni pessime e la professoressa Corradi che attirava su di se i flash dei fotografi e dei cronisti, pronti a tutto per avere una sua dichiarazione.
Era stata una delle testimoni più importanti al processo parallelo che i legali dell’imputata avevano intentato contro Marina per negligenza: aveva testimoniato dando prova della sua grande professionalità a favore della dottoressa Ranieri Del Colle, dimostrando con grafici e testi medici che era impossibile prevedere l’evento negativo che aveva stroncato la vita del povero Luigi De Magistriis.
Vera sapeva benissimo che il processo avrebbe acceso su di lei i riflettori.
L’astuzia di quella donna, mista all’arrivismo, l’avevano portata a trasformare in positivo, un evento che, in altre circostanze, l‘avrebbe portata a cedere: “AFFERMATA PRIMARIO CEDE ALLE GRAZIE DI UNA DOTTORESSA: OMOSESSUALITA’ TRA LE CORSIE DI UN REPARTO DI PEDIATRIA DI UN IMPORTANTE OSPEDALE LOMBARDO”.
La sua carriera, oltre che la vita privata, sarebbero state rovinate. Infatti, non aveva battuto ciglio, quando si era trattato di scegliere tra la sua vita e Marina.
Poi quella notte, che aveva cambiato il corso del tempo. Il futuro visto in fondo ad un tunnel buio e silenzioso, ma non per Vera.
Vera che fino a qualche giorno prima voleva lottare ad armi pari per Marina, Vera che si era definita “cambiata e pronta a gridare al mondo che l’amava”, Vera che era riuscita a far esaltare il suo nome, passando per l’ex amante abbandonata ma pur sempre fedele al suo amore, tanto da rinunciare alla sua vita tanto bella e perfetta.
Peccato che era stato un espediente per farsi pubblicità, dato che il suo sogno era sempre stato quello di gestire un progetto internazionale che la potesse proiettare nel panorama dei premi importanti, quelli che ti danno fama e importanza ovunque.
Scosse la testa e continuò a leggere:
“Il corpo della De Magistriis è stato trovato esanime nella sua cella in una pozza di sangue. Ha utilizzato la lama appuntita di un cucchiaio per tagliarsi le vene. A nulla sono serviti i soccorsi, la donna era già morta quando è stata trovata.
Dopo il suicidio della donna, in molti si chiedono il motivo per il quale la De Magistriis non fosse stata internata in una struttura più idonea al suo stato di salute mentale, per scontare la pena.
A questa domanda ha risposto il direttore del carcere di San Vittore:
<< Luisa De Magistriis non ha mai dato segni di squilibrio. Il risultato della perizia psichiatrica a cui è stata sottoposta la detenuta più volte ha sempre sottolineato la totale capacità, da parte della detenuta, di intendere e volere.
Non c’era nessun motivo per far internare la De Magistriis in una struttura psichiatrica.>> “
L’immagine di quella donna abbandonata esanime nel suo stesso sangue, spinse Esther nel suo passato, quando le sue lacrime si mischiavano al sangue innocente d Marina, distesa tra le sue braccia.
I soccorsi che arrivarono tardi e lei che continuava a cullarla e a chiamarla.
Invocava il suo nome, nella disperazione del suo amore che si era infranto contro una barriera morale che a quel punto, solo a quel punto, le sembrava assurda e inconsistente.
Il profumo della donna che amava mischiato a quello dell’erba su cui erano adagiate, il calore di quel corpo che lentamente scemava, lasciando il posto al gelo della morte.
La sua esasperazione quando i colleghi gliela strapparono dalle braccia per soccorrerla.
La corsa disperata all’interno dell’ospedale e quelle ore interminabili durate secoli.
Il braccio di Rocco sulla sua spalla e lo sguardo colpevole e dispiaciuto di Teresa le avevano fatto compagnia e poi la fine di tutto.
Danieli che distrutto uscì dalla sala e disse affranto: “Abbiamo fatto di tutto, ma… “
- Esther! Amore, ti ho portato il caffè?!
Esther si girò di colpo e la vide.
Era bellissima.
La sua figura esile e ancora sofferente dopo mesi di fisioterapia, oscurava il pallido sole di quei mesi invernali, ma quel sorriso bastava a riscaldarle l’anima.
La pallottola, sparata dall’alto verso il basso, dato che Esther si era lanciata per salvarla, aveva leso una parte della colonna vertebrale anche se non aveva, miracolosamente, danneggiato permanentemente nessun organo.
Marina aveva perso quasi del tutto l’uso del braccio sinistro e anche della gamba.
Zoppicava vistosamente e non riusciva a reggere nulla tra le dita.
Di notte aveva forti dolori, ma con il suo aiuto e la fisioterapia, riusciva a cavarsela.
Erano andate a vivere insieme, Esther aveva capito che senza la sua dottoressa non riusciva nemmeno a respirare.
Aveva dovuto rischiare di perderla per capire quanto l’amava.
Marina non poteva più operare, ma non si era arresa. Stava seguendo un programma di recupero per i suoi arti.
Faticosamente stava recuperando la sua vita e la sua professione.
Anche Esther aveva lasciato l’ospedale. Non aveva senso lavorare li senza la sua Marina. Avevano aperto una casa famiglia alle porte di Milano, dove si dedicavano ai bambini malati.
Non cercavano pubblicità e nemmeno sovvenzioni da capogiro. Marina provvedeva economicamente a tutto e spesso anche i colleghi del Morandini, sia i medici che gli infermieri, andavano a dare una mano.
Erano serene, felici. A loro bastava vivere insieme, scambiarsi dolcezze nell’intimità del loro letto, amarsi a vicenda, senza nascondersi.
Esther chiuse il giornale e arrotolandolo lo buttò nella spazzatura, poi accettò il caffè della sua fidanzata e facendola sedere sulle ginocchia disse baciandola:
- Grazie amore mio! Grazie di tutto…
- E di cosa, tesoro? Ti ho solo portato un caffè…
- No, mi hai regalato me stessa. Ti amo! – disse baciandola appassionatamente.
Marina rise soddisfatta, ricordando le remore passate di Esther a baciarla in pubblico.
Erano su una panchina di una stazione e la sua ragazza non si tratteneva dal coccolarla e dal baciarla in pubblico.
- Perché hai buttato il giornale? – chiese la dottoressa
- Non ci serve il giornale... – rispose Esther
- Non devi trattarmi come una bambina! – disse Marina mentre le mostrava una copia dello stesso giornale che aveva appena comprato.
Anche la copia di Marina era aperta sullo sesso articolo ed Esther, togliendolo delicatamente dalle sue mani disse seria:
- Non abbiamo bisogno del giornale per ricordare il nostro passato, preferisco leggere la nostra favola per immaginare il futuro.

Marina ed Esther, abbracciate su una panchina di una stazione, mentre il freddo pungente dell’inverno di Milano non riusciva a raffreddare i loro corpi riscaldati dal loro amore.

 

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