Dichiaro: nessuno dei personaggi qui rappresentati è di mia proprietà, appartenendo di diritto alla P&G; li uso a puro scopo di divertimento e non intendo guadagnare alcunché dal mio lavoro.

Spoilers: nessuno, la soap è finita (sigh!). Si fa comunque riferimento a molti fatti visti negli  episodi di Guiding Light a partire da ottobre 2008.

Nota dell'autrice: ho tentato di riempire uno dei molti – troppi! – buchi lasciati dalle sceneggiatrici nella trama della soap, probabilmente per la fretta di dover concludere tutte le storie in modo più o meno dignitoso, prima della puntata finale. Il mio tentativo è quello di raccontare i fatti che sono accaduti nel lasso di tempo tra il giorno della partenza di Rafe e quello in cui è nata Francesca. Ogni evoluzione presa dalla storia è da imputare al mio arbitrio: la cosa mi ha permesso di dare dei risvolti imprevisti a determinate situazioni. Ho comunque fatto riferimento costante a molti fatti realmente "accaduti" nella soap.

Nota 2: il titolo prende spunto dalla canzone "A te", di Jovanotti: credo che sia una delle più belle canzoni d'amore degli ultimi tempi e l'ho sempre trovata adatta alla storia di Otalia. Capirete il perché.

Ringraziamenti: un grazie particolare alla mia beta reader Debby, che si sorbisce lunghe ed estenuanti letture, soprattutto perché ho la cattiva abitudine di cambiare idea sui pezzi all'improvviso e scriverne nuove versioni... Grazie anche a Sa, che ha letto con interesse ogni capitolo, scambiando con me i suoi pareri e i suoi preziosi consigli.

Commenti: sempre i benvenuti, purché siano critiche costruttive.

Avvertenze: qui si parla di un amore tra donne e c'è la seria possibilità che vi siano descrizioni di scene intime fra adulti consenzienti. Se la cosa vi disturba, fermatevi qui e andate a leggere altrove...

 

L'UNICA RAGIONE

di LaDor

Capitolo 1 Capitolo 2 Capitolo 3 Capitolo 4

 

Capitolo 3

 

La cena era stata ottima, sostanziosa e divertente, pensava tra sé e sé Doris Wolfe, mentre s'incamminava lungo il vialetto di ghiaia che dalla Fattoria portava alla strada, dove aveva lasciato parcheggiata l'automobile molte ore prima.

Emma era rimasta a casa Spaulding per la notte, felice di potersi godere il papà e Olivia e Natalia erano state ben contente di invitare il sindaco a restare con loro fino a tardi e godere di quella che Liv aveva definito senza mezzi termini la "tregua infrasettimanale". Dover gestire una bimba di otto anni, peraltro con l'inveterata abitudine di uscire di casa senza chiedere il permesso, controllare mente e corpo della babysitter e fare comunque e sempre di testa sua, non doveva essere un'impresa semplice, anche per due donne ben organizzate come la coppia che aveva lasciato poco prima. Di lì a poco, oltretutto, si sarebbe aggiunta anche la piccola Francesca e Dio solo sa come avrebbero fatto quelle due a ritagliarsi un'ora sola d'intimità. Ammesso e non concesso che restasse loro la forza anche solo per cercarla, quell'ora.

Sorrise, scuotendo vagamente la testa: con Ashlee, per lei, da mamma single, non era stata una passeggiata, ma se l'era sempre cavata egregiamente, soprattutto grazie ad alcune provvidenziali babysitter, ben disposte verso la bambina e, cosa ancora più importante, la madre.

Non che andasse fiera del suo passato di seduttrice impenitente, ma era comunque qualcosa che si rifiutava categoricamente di cancellare dal suo personalissimo – e segretissimo – curriculum vitae e che le aveva permesso di accumulare abbastanza esperienza da renderle possibile elargire consigli, come s'era ritrovata a fare, da quasi tre mesi a questa parte, alla novellina Spencer.

Alzò il bavero della giacca, considerando che, calendario astronomico o no, l'autunno aveva deciso di cedere il posto all'inverno alquanto velocemente, quell'anno. Il vento freddo, che soffiava da ovest, la fece rabbrividire e Doris accolse il relativo tepore dell'abitacolo dell'automobile con sincera riconoscenza.

Avviando la macchina, decise che sarebbe andata a prendere Jamanda a fine turno, al Towers, e l'avrebbe portata da lei: il minuscolo monolocale in cui la ragazza viveva – affittato per una miseria al mese, al solo scopo di risparmiare i soldi e poter seguire i corsi all'Università, ma umido e dall'aria irrimediabilmente malsana – la metteva di malumore e quella, invece, non era una serata da sprecare inutilmente: l'effetto che le metteva il duo Rivera – Spencer era benefico, addirittura esaltante, talvolta. E la novellina, nonché sua migliore amica, le aveva dato un bel consiglio da seguire: non intendeva certo sprecare l'occasione.

La strada per il Towers era piuttosto lunga: aveva tutto il tempo per costruire e memorizzare il discorso che avrebbe fatto per chiedere alla sua ragazza di trasferirsi da lei definitivamente.

Sempre che, dall'emozione, non avesse magari deciso di perdere i sensi proprio sul più bello, ben inteso: quasta era un'evenienza di cui doveva tener conto. Per la prima volta in vita sua, Doris Wolfe stava per essere completamente sincera con la donna che amava: il 20 ottobre sarebbe diventato la sua data straordinaria, roba da segnarselo sul calendario. Sperava solo di uscirne viva... E se Jamanda avesse rifiutato? No, no: questo non poteva accadere. Non doveva!!

Maledisse Olivia Spencer e tutti gli scrupoli da brava ragazza che era riuscita a farle venire.

Poi sorrise, impostò il cambio automatico e imboccò la strada che portava verso il centro di Springfield.

 

Doris aveva definito la loro camera da letto "eclettica". E aveva ragione. Non che tutto l'arredamento fosse stato stravolto, da quando Olivia vi ci si era trasferita, ma alcune aggiunte particolarmente importanti davano ormai l'esatta idea di chi occupasse la stanza. O meglio: del tentativo, talvolta drammaticamente mal riuscito, di due gusti estetici diametralmente opposti di scendere a patti l'uno con l'altro. Per contenere l'ondata di abiti della nuova inquilina, andatisi ad aggiungere a quelli – in quantità decisamente piu modesta - della padrona di casa, un nuovo armadio - di noce scuro, con più ante delle porte del palazzo di Versailles e con una cabina al proprio interno, così grande da sembrare una stanza nella stanza - aveva preso il posto di quello preesistente, a tre ante - e ancora meno pretese - che Natalia, allergica ad ogni tipo di spreco, s'era rifiutata di eliminare. La donna l'aveva fatto trasportare nella camera degli ospiti, ridipingere con colori pastello e lasciato lì, in attesa che qualcuno di passaggio in quella casa lo riempisse con i pochi abiti tenuti in valigia.

Durante le "grandi manovre", superati egregiamente alcuni momenti di malcelato terrore, Olivia aveva tirato un sospiro di sollievo, quando Nat aveva fatto trasferire l'armadio nella stanza in fondo al corridoio, godendo silenziosamente del fatto che la compagna non avesse pensato di adattarlo per farlo entrare di prepotenza nella super accessoriata cameretta di Francesca.

Natalia, dal canto suo, soddisfatta di assistere all'aumento esponenziale della felicità di Liv, non avrebbe guastato la situazione di proposito, imponendo l'uso di un armadio vecchio per la bambina in arrivo: non che la cosa non le fossa venuta in mente, ma l'aveva accantonata subito, optando per un decoroso servizio nella camera meno usata della casa.

Inutile sottolineare che nessuna delle due aveva fatto la benché minima parola delle decisioni prese riguardo all'armadio con l'altra.

Una lastra rettangolare, leggermente convessa, in vetroresina, con inserti di acciaio e oro zecchino - un'opera di arte moderna praticamente unica, che era costata una fortuna alla padrona del Beacon ma che, per dirla con lei, costituiva un investimento "per le future generazioni Spencer" - faceva bella mostra di sé sulla parete dietro alla testiera del letto, contendendo lo spazio con un crocifisso in ferro battuto, che sembrava messo lì apposta per mortificare la presenza dell'oggetto prezioso ma che, nelle intenzioni dell'improvvisata arredatrice, nonché padrona di casa, doveva servire come monito, inno alla frugalità e alla vita semplice.

Vita semplice, come semplice era il disegno sulla stoffa delle tende, che si arricciavano leziosamente davanti ai vetri della finestra che, in quel momento, mostrava alle occupanti della stanza l'immenso buio della notte di Springfield.

Dalla Fattoria non si riusciva a scorgere nemmeno il Faro della cittadina, tanto la dimora era immersa tra i boschi e le colline. Riparata, tranquilla e sicura: ecco come doveva essere una casa. Il luogo ideale per costruire il proprio nido era esattamente lì, aveva pensato tanto tempo prima Natalia Rivera che, in quel preciso istante, seduta sul tappetino ai piedi del letto, osservava amorevole la propria compagna che si apprestava ad accendere le ultime candele sul ripiano della cassettiera. Ora il nido era pronto, accogliente e confortevole, colmo di amore e felicità: tutto quello che Natalia aveva mai potuto desiderare si trovava intorno a lei, fatto di legno e chiodi, di profumi buoni e di risate. E il paio di occhi verdi che la fissavano intensamente, appartenevano all'unica persona che avesse mai potuto immaginare nel suo scenario perfetto.

Natalia inspirò profondamente, sorridendo: era finalmente, perfettamente felice!

- In realtà dovresti aspettare che anch'io prenda posto, prima di iniziare gli esercizi per la respirazione... e attendere che io abbia il tempo di mettere la musica per il rilassamento. - la redarguì in tono bonario la compagna.

La portoricana non poté trattenere una breve risata: - Olivia, devo ricordarti che non siamo al Beacon? Qui non c'è un cartellino da timbrare o un'agenda da rispettare. E, cosa più importante, io non sono Greg: lui puoi comandarlo a bacchetta; io, invece, non sono più la tua assistente personale ormai da un po'... - sorrise, stiracchiandosi ed allungando le braccia verso l'altra donna. - E poi, in fin dei conti, stavo solo pensando a quanto sono felice qui, con te! -

Olivia inserì il cd nel lettore e portò con sé il telecomando, avvicinandosi con passo felpato al tappeto su cui era seduta l'altra donna.

- Hai ragione: qui non ci sono agende... - inghiottì un paio di volte, prendendo nella sua la mano della compagna ed inginocchiandosi davanti a lei. - La verità è... che voglio che tutto vada bene e che sia perfetto e... sai come vado in ansia se non ho il controllo delle cose, sai che sono... -

Natalia le appoggiò delicatamente un dito sulle labbra, zittendola: - Shhh, lo so: hai il brutto vizio di preoccuparti troppo, amore. - la sua mano si spostò sulla guancia dell'altra, restandovi. - Come devo fare con te? Hai una testa tanto dura... - chiuse gli occhi e si sporse in avanti, appoggiando la sua fronte a quella di Olivia che, con l'altra mano, iniziò ad accarezzarle la schiena.

- Continua a fare come hai sempre fatto: a quanto pare funziona... - Liv staccò il viso da quello di Natalia abbastanza da poterla guardare negli occhi: - Ti amo. -

- Anch'io. - rispose l'altra, - E ti amerò ancora di più se continuerai a massaggiare la mia schiena come stai facendo ora! - terminò, strizzando gli occhi per la sensazione di piacere.

- Ai tuoi ordini! - Olivia rise, si alzò ed andò a posizionarsi dietro la gestante, sistemandosi in modo che Natalia si trovasse seduta in mezzo alle sue gambe. - Chi l'avrebbe mai detto: Olivia Spencer che massaggia la schiena alla sua ex assistente! Eh, non sai quanto mi mancano i tuoi modi dolci ma autorevoli, al Beacon.- rise, mentre aiutava Natalia a togliersi la blusa, per aver migliore accesso alla zona da distendere.

- Sì, sì... Dici così, ma in realtà non molleresti Kyra per niente al mondo, ecco la verità. - rispose Natalia, non curandosi di nascondere la punta di gelosia nel tono della voce.

Olivia arricciò pensosa le labbra per qualche istante: - Beh, devo ammetterlo: Kyra è l'efficienza fatta a persona... -

- Anche se non è veloce quanto me a trovare i documenti che ti servono... - l'interruppe l'altra.

- Soprattutto se qualcuno di mia conoscenza se li è fatti passare di sottecchi da Greg pochi istanti dopo che io li ho richiesti. - concluse Liv, soffocando una risata.

- Cosa? Ma come...? Greg...! Aveva promesso... - si confuse la portoricana, mordendosi il labbro.

- Eh, promesse, promesse... Niente che la benevola offerta di trattenermi ancora un po' dal giocare a bowling con la sua testa lungo il corridoio fuori dal mio ufficio non abbia saputo rompere! - affermò con aria truce l'hotelier.

- Liv... L'hai minacciato?? -

Il tono orripilato della compagna scatenò definitivamente la risata dell'altra donna: - Natalia, sei impagabile! Certo che no. E non l'ho nemmeno comprato, se è per questo. Eravamo d'accordo che se tu fossi tornata lui mi avrebbe avvisata... In breve, sapevo già che eri al Beacon, pochi istanti dopo che avevi messo piede nella hall. -

- Significa che era tutta una montatura? - chiese l'altra, perplessa.

- No. In realtà cercavo di proteggermi... da te. Anticipare le tue mosse mi permetteva di prepararmi, di non lasciarmi cogliere di sorpresa, di poter indossare una maschera... Mi spaventava l'idea di trovarti improvvisamente davanti alla mia porta: senza preavviso non avrei saputo come comportarmi. -

- Vuol dire che tutti quei discorsi sul voler restare solo amiche, sul non poter stare con me.. erano solo finzione? -

- No: erano l'unico modo che avevo per proteggermi dal dolore e proteggere te dalla mia rabbia. Finché non ho capito che l'amore che provavo era molto più grande di entrambe le altre cose e allora... addio maschere, addio fuga... -

- Oh... - Natalia si appoggiò per un attimo al corpo della compagna, pensierosa. - E io che ho sempre pensato di essere stata super convincente! -

- Certo! Tu, con le tue sortite, e il resto di Springfield siete stati molto convincenti: Emma con i suoi autoinviti alla Fattoria, Buzz con le frasi sagge, Lillian con i suoi consigli sulla felicità, Josh con i suoi "Torna da lei. Punto.e.basta. ...", Frank... -

- Frank? - la portoricana si voltò leggermente, stupita del nome appena pronunciato dall'altra donna.

- Sì, anche lui, a dirmi che dovevo smettere di scappare, che dovevo fare la cosa giusta... - Liv appoggiò le labbra alla spalla della compagna, chiudendo gli occhi. "Per un mese e più mi ha dato il tormento..." , rifletté indispettita, "...incolpandomi della tua scomparsa e poi, un bel giorno, salta fuori che è un santo ed eccolo lì, a dirmi di tornare da te...". Il pensiero della donna volò alla Vergine Maria, giù in soggiorno: "Ti prego, ti prego, fa che non dica anche lei che è un brav'uomo! Non lo sopporterei...", terminò, affondando il viso nei capelli di Natalia.

Effettivamente, Maria non doveva essere un'esperta in assemblaggio di box per bambini, ma una molto brava ad ascoltare, questo sì. Infatti...

Natalia sorrise, godendosi i piccoli e teneri baci che l'altra donna stava disseminando sulla sua pelle: - E tu li hai ascoltati tutti. Brava. - terminò, senza peraltro dare molta importanza a quello che aveva appena detto la compagna circa il detective Cooper. Frank era già fin troppo presente nella loro vita e Nat non voleva che le seguisse anche in camera da letto. Soprattutto, non dopo il discorso tra Liv e Doris a cui aveva assistito di nascosto poco prima.

"Grazie mille! Giuro che non mi addormenterò più, in canonica, d'ora in poi!", esultò dentro di sé Olivia, ringraziando chi di dovere per il favore appena ricevuto. Poi si rivolse alla compagna: - Dovevo ascoltarli: non posso vivere senza di te ed ero l'unica a non averlo ancora capito! - le labbra di Olivia erano pericolosamente vicine all'orecchio di Nat, il fiato della donna sulla sua pelle stava togliendo alla portoricana ogni capacità di raziocinio.

- Liv... come vuoi concludere la serata? Se... Se vuoi, possiamo finirla qui, con i massaggi... - riuscì a dire tutto d'un fiato, mentre l'immagine esatta di come lei avrebbe voluto terminarla, le si dipingeva chiaramente davanti.

Olivia staccò lentamente la bocca dal collo della compagna, ricomponendosi e tornando seria. - No, i massaggi sono necessari e non possiamo saltarli. E poi, comunque, non è detto che si debba andare a dormire, dopo, no? - sorrise, percependo i brividi che le sue parole avevano scatenato nell'altra donna. - Cominciamo da collo e spalle, va bene? -

Dopo che, premuto il tasto d'avvio sul telecomando, il cd inizò a produrre una musica new age alquanto evocativa, Olivia appoggiò le mani sulle spalle della compagna ed iniziò a distendere i muscoli contratti del collo, con movimenti lenti e circolari dei pollici.

Natalia chiuse gli occhi, iniziando a rilassarsi: - Mmm... sì, Liv, proprio lì... - esclamò estatica.

Olivia sorrise debolmente, concentrata com'era sui suoi movimenti: l'insegnante del corso pre parto, Ms Brickstone, era stata chiarissima riguardo ai massaggi preliminari. Avevano sì lo scopo di decontrarre i muscoli che la postura da gestante metteva ogni giorno in croce, ma anche quello di rilassare e mettere a proprio agio la puerpera e, soprattutto, favorire l'empatia tra i partners. Non che a lei e Natalia servissero massaggi più o meno profondi per "fondersi": ogni volta che facevano l'amore, sembrava che le loro anime cambiassero di posto, scambiandosi tra loro. Il risultato di questa sensazione era che, giorno per giorno, l'intimità fra le due aumentava sempre più e bastava loro un solo sguardo, o una parola, per capirsi immediatamente e nel modo più completo. Ad Olivia non era mai capitato di vivere questa comunione di corpo e spirito, con nessuno dei suoi precedenti cinque mariti e, men che meno, con i suoi innumerevoli amanti, più o meno occasionali.

A dirla tutta, c'era stato un tempo in cui aveva pensato di poter vivere un amore totale, esclusivo, con Josh, ma aveva fatto i suoi conti senza Reva, finendo col fallire miseramente – e tentare anche il suicidio, per giunta.

Di nuovo, aveva sperato che con Phillip le cose andassero finalmente per il verso giusto e, quella volta, il tentativo non era caduto del tutto nel vuoto: era nata Emma, l'essere più prezioso della sua vita, ciò che le era riuscito meglio, l'unica cosa che l'avesse resa davvero orgogliosa di sé, per una volta nella sua travagliata esistenza.

L'ultima carta l'aveva giocata con Bill, anni prima, ma aveva fatto le mosse sbagliate e, anche in quel caso, s'era ritrovata con un pugno di mosche in mano.

Ora, mentre le sue dita lavoravano senza sosta sulla pelle olivastra della compagna, Olivia si ritrovava a pensare che per nulla al mondo avrebbe rinunciato alla felicità straniante che quei semplici gesti le procuravano. La quotidianità della sua vita con Natalia alla Fattoria era un toccasana per lei e niente al mondo gliel'avrebbe portata via.

Senza interrompere il contatto con il corpo di Natalia, Olivia si spostò di lato. Smettendo di massaggiare, ma lasciando una mano alla base del collo della compagna, la donna l'aiutò a stendersi, sistemando un cuscino sotto la testa della portoricana. Sporgendosi, afferrò l'altro guanciale, poco distante, e lo infilò sotto le ginocchia di Natalia.

- Sei meglio di Ms Brickstone... - Natalia sussurrò, sorridendo lievemente e tenendo gli occhi chiusi.

- Eh, modestamente! - rispose Liv, con una punta di orgoglio nella voce.

- Li ho visti, sai? Non credere che i tuoi nascondigli possano scapparmi: in fin dei conti vivo qui da molto più tempo di te... - continuò l'altra, in tono neutro.

Sul volto di Liv si disegnò uno sguardo interrogativo. - Visto cosa? - chiese, sinceramente incuriosita.

- Oh, non fingere con me, Olivia Spencer: sai che non ci riesci! - sorrise Natalia, aprendo gli occhi e fissandoli in quelli della compagna.

Olivia si sentì mancare il fiato: quando era rilassata, Natalia era, se possibile, ancora più bella. La maternità avanzata le aveva ingentilito i tratti, ammorbidendoli e rendendo la pelle più luminosa e liscia. La donna poteva giurare su ciò che aveva di più caro che sarebbe morta, se le avessero negato anche solo una volta la possibilità di accarezzare Natalia. Incapace di resistere, allungò una mano, attratta dalle fossette che si erano disegnate sulle guance dell'altra.

- Io non sto fingendo, Nat... Davvero, non so di che parli... - continuò, completamente persa nei due occhi color caffè che la guardavano.

Natalia rise e un suono argentino riempì la stanza. Olivia promise a se stessa che, un giorno, avrebbe registrato la risata di Natalia e l'avrebbe messa su cd, in modalità di riproduzione ciclica, in modo che la potesse ascoltare senza sosta ogni volta che le fosse servito di sentirsi a casa: non c'era niente di più bello di quel suono e niente era capace di aprirle il cuore come le risa della donna che amava.

- I libri di Larry Costa sui massaggi, Liv. Ieri stavo sistemando il tuo intimo pulito nel cassetto e sono saltati fuori da sotto le canottiere... Perché non volevi che li trovassi?- chiese Natalia, divertita dall'improvviso rossore sulle guance di Olivia: la fredda e potente donna d'affari si trasformava di colpo in un essere gioiosamente e meravigliosamente infantile, quando si entrava nel regno dei sentimenti più elementari.

- Io.. Veramente... Volevo... Ehm... - iniziò l'altra, incespicando immediatamente nelle proprie parole: era ancora difficile per lei, talvolta, esprimere a voce ciò che provava. In fin dei conti Olivia Spencer era sempre stato un essere fisico, per il quale comunicare i propri sentimenti equivaleva a laciarsi dominare. Qualcosa di quella reticenza le era comunque rimasto dentro, anche se Natalia stava svolgendo un egregio lavoro di "eliminazione delle cianfrusaglie", come chiamava lei la cura amorevole che riservava all'animo di Olivia.

- Io... - tentò di nuovo la donna d'affari, deglutendo. "Diamine, Spencer, recupera la parola e muoviti, una buona volta! Cosa c'è di male nel dirle quello che pensi??" s'impose di prepotenza. - Volevo che li scoprissi pian piano, ma non leggendoli... - davanti allo sguardo interrogativo dell'altra, riprese: - Volevo che tu li "sperimentassi" attraverso di me, volevo stupirti ogni giorno con qualcosa di nuovo, regalarti sensazioni nuove, così come tu regali a me ogni giorno una vita completamente nuova... - prese fiato e riordinò le idee. - Non sono mai stata brava a parole, almeno non con quelle che ti fanno sentire bene. Ho un infinito vocabolario di insulti e cattiverie, se vuoi, ma tu mi hai regalato una dolcezza che non avevo mai provato prima... - accarezzò la guancia dell'altra donna, perdendosi ancora di più nello sguardo della portoricana. - Per quanto riguarda le... dimostrazioni d'affetto... per me è sempre stato solo... beh, sì, solo questione di sesso. Spettacolare e selvaggio, niente da dire, ma sesso. Tutto questo invece è nuovo, per me. Questo dare solo per vederti felice, senza nient'altro in cambio che il tuo sorriso: questo è il senso della vita, ora, per me... Volevo che i miei gesti fossero perfetti perché, da questo punto di vista, sono solo una principiante... - terminò, il cuore in gola, in attesa della risposta della compagna, salvo poi lasciarsi prendere dal panico: - Sono troppo melensa, vero? - scosse il capo, sorridendo. - Che ti avevo detto? Con le parole non sono una cima... -

Natalia non aveva idea – ne era perfettamente cosciente – di come esprimere l'emozione montante che le stava invadendo l'anima. Provò a dare voce al calore che la stava attraversando da capo a piedi: - Melensa? Melensa?! Mio Dio, no, Olivia: tutto ma non melensa! - iniziò, appoggiando la sua alla mano della donna, ancora posata sul suo viso. Gli occhi dell'altra erano due liquidi pozzi verdi. Natalia pensò che ci si sarebbe volentieri tuffata, se ne avesse avuto l'opportunità. - E' meraviglioso quello che hai detto, amore: meraviglioso. Mai nessuno mi aveva fatta sentire così importante, prima! Da quando ci sei tu nella mia vita, l'unica ragione per cui mi alzo tutte le mattine è per farti felice. E' per questo che vivo. Ogni tuo movimento, ogni tuo respiro, ogni tuo sguardo è per me la conferma che non si tratta di un sogno, che sei qui e che vuoi me. Già questo basta a rendere la mia vita degna d'essere vissuta, tesoro! Non devi preoccuparti e nemmeno definirti "principiante", perché non lo sei affatto. - allungò la mano, attirando Olivia verso di sé. - Sei la mia donna: qualsiasi cosa tu faccia è già di per sé perfetto. Non esistono principianti o esami da passare: esistiamo solo io e te. -

Natalia considerò che, sì: sarebbe volentieri annegata negli occhi di Olivia. In quello sguardo che si andava dilatando dal desiderio proprio davanti a lei e che l'attirava a sé inesorabilmente, come un Maelstrom morbido e per nulla spaventoso, dentro al quale poteva guardare senza paura e scorgere solo amore. Incommensurabile.

Le labbra di Olivia furono sopra le sue in un batter d'occhio. L'effetto fu incredibile: non appena percepì che la bocca di Liv stava schiudendosi, Natalia mimò l'azione della compagna e, mentre i fiati si fondevano, la giovane donna accolse con gioia le carezze dell'altra donna, disseminate per tutto il corpo.

Olivia, dal canto suo, aveva scoperto di avere una predilezione per il suono gutturale che Natalia emetteva ogni volta che le sue labbra raggiungevano un determinato punto del collo, proprio dove la mandibola spariva, sotto l'orecchio, ed era risoluta a sentirlo ripetersi all'infinito, visto l'effetto esaltante che aveva sui suoi sensi. Lasciò che le sue mani vagassero sul corpo dell'altra come se dotate di una propria volontà: le accarezzò le spalle, il collo, i seni, i fianchi, senza smettere di adorare con le labbra la pelle olivastra sotto di lei.

All'improvviso quando, oltre ai gemiti, anche le mani della compagna, affondate nei suoi capelli, avevano iniziato a comunicarle l'incedere del desiderio, qualcosa la distrasse.

Una piccola, decisa vibrazione, all'altezza del bacino.

Olivia percepì la tensione nel corpo di Natalia e, mentalmente, disse addio alla passione. Il momento magico stava inesorabilmente sfumando: arrivederci divertimento.

Natalia trattenne il fiato, portandosi una mano al ventre: di nuovo un calcio, nitido e sicuro, stavolta.

Sospirando teatralmente e strabuzzando gli occhi, Olivia finse di accasciarsi al suolo, sconfitta, restando comunque per metà sopra Natalia e sprofondando il viso tra i capelli dell'altra.

Non riuscendo a soffocare una risata, Natalia iniziò ad accarezzare contemporaneamente il pancione e la testa di Liv, quasi a rincuorare entrambi: - A quanto pare Francesca non è dell'idea di rinunciare alle "sue" coccole, stasera, mammina... - sentì Liv ridere allo stesso modo e tirò un sospiro di sollievo: la sua donna non aveva ancora perso la pazienza. Meglio così. - Eh, che vuoi farci. Forse siamo state un po' precipitose... - continuò in tono scherzoso.

Olivia cambiò posizione, staccandosi dalla portoricana e restando su un fianco, il volto appoggiato alla mano, lo sguardo divertito fisso sul viso di Natalia.

La quale, dal canto suo, s'era fatta seria, ed aveva iniziato a parlare con Francesca come se pensasse che la bambina nel suo ventre avrebbe capito veramente e stretto un patto con lei: - Facciamo così, piccola: io, tu e mamma ci rilassiamo, così sei contenta e fai la nanna, d'accordo? Poi, però, le tue due mamme si coccolano un po', perché ne hanno davvero bisogno, che dici? Fatto il patto? - batté un leggero colpo sul ventre, sorridendo.

- E quello cos'era? - chiese Olivia, ancora affascinata dal tono suadente della compagna.

- Oh, niente di che... Una sorta di "batti il cinque!"... - spiegò Natalia, arrossendo un poco. - Anche quando ero in attesa di Rafe "concordavo" con lui le pause... Sai, era un calciatore di professione, lui: in confronto, Francesca ci va leggera come una piuma! -

Olivia sorrise e appoggiò la sua mano a quella di Natalia, rimasta inerte sul pancione: - Va bene: suggello anch'io il patto, piccola. Prometto: prima le coccole a Francesca, poi le coccole alla mamma... - fece l'occhiolino a Natalia e, lentamente, si mise a sedere.

 

 

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